In termini ministeriali, il primo punto di riferimento quando si parla di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) è la legge 170 del 2010. Segnando un momento storico nell’istruzione italiana, votata sempre di più all’inclusività e alla personalizzazione, essa ha di fatto definito per la prima un quadro generale per l’educazione degli studenti con bisogni educativi speciali.
Conoscere la 170/2010 si rende dunque indispensabile per un insegnamento che non escluda nessun alunno né nessuna specificità; strumento certamente centrale per i docenti, ma fondamentale per gli studenti e le loro famiglie – che ne sperimentano in prima persona gli effetti.
In questo articolo vedremo:
Ora più di sempre è importante per gli insegnanti sapere come affrontare i DSA, mettendo da parte i pregiudizi e partendo da quanto disposto dalla legge 170 per formare gli alunni nel modo appropriato. Questa linea improntata alla valorizzazione del singolo, alla cosiddetta “didattica inclusiva”, è d’altro canto il fil rouge che collega le scuole di tutta Italia.

Ma perché proprio adesso? A 12 anni dal riconoscimento istituzionale dei DSA a livello normativo i dati parlano chiaro: c’è stato un aumento significativo delle loro diagnosi. Se infatti nel 2011 il numero di studenti con DSA rappresentava lo 0,9% del totale, al 2019 lo stesso numero è arrivato al 4,9% - ovvero circa cinque volte tanto (Dati Miur).
Mentre le cause dell’incremento delle diagnosi possono essere varie, è chiaro che le cifre odierne richiedano la preparazione del corpo docente ad affrontarle adeguatamente. In altre parole, il sistema scolastico italiano non potrebbe dirsi efficiente senza offrire il miglior servizio educativo a studenti con necessità anche diametralmente opposte.
Riconoscendo per la prima volta in assoluto dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia come DSA, la legge 170 ha voluto ampliare il diritto allo studio già previsto generalmente dalla nostra Costituzione (art. 34). Così facendo, è stata istituzionalizzata la situazione di migliaia di studenti su suolo nazionale, che rischiavano fino ad allora di avere un trattamento non adatto alle proprie specificità.
Ma l’innovazione della legge 170 non si è fermata al semplice riconoscimento dei DSA. Essa ha infatti presentato ai docenti degli strumenti riconosciuti su base nazionale per garantire un’offerta formativa a 360° anche a chi ha bisogni educativi speciali (BES). Diventa dunque autoevidente quanto il 2010 rappresenti ancora ad oggi il “giro di boa” dell’educazione inclusiva italiana.
L’importanza di quel momento spazia dalla regolarizzazione della didattica per i DSA alla nascita di un vero e proprio filone educativo basato sulla personalizzazione dell’esperienza a tutto tondo, cercando di valorizzare l’individuo pur mantenendo le basi meritocratiche del nostro ordinamento.
Nel nominare per la prima volta a livello ufficiale i DSA, la legge 170 ha anche introdotti degli strumenti specifici per affrontarli. Suddividendoli in tre macrocategorie, si tratta del Piano Didattico Personalizzato (PDP), degli strumenti compensativi e di quelli dispensativi.
Per fare in modo che l’esperienza educativa sia davvero cucita attorno alle necessità dello studente, in presenza di una diagnosi di DSA i professori sono tenuti a redigere un Piano Didattico Personalizzato seguendo le Linee Guida istituite nel 2011. Lo stesso è comprensivo dei dati specifici dello studente e della strategia educativa a tutto tondo che si intende applicare nel corso dell’anno scolastico.

Il PDP, secondo la legge 170 del 2010, può anche essere stilato per gli studenti con BES – sebbene in questi casi non sia obbligatorio. Esso si distanzia poi nei contenuti dal PEI, previsto per gli studenti che non presentano un DSA ma una disabilità. In ogni caso, deve sempre comprendere una panoramica delle attività personalizzate e degli strumenti da impiegare per il singolo studente.
Gli strumenti compensativi e dispensativi sono i mezzi che i docenti mettono a disposizione degli alunni con DSA per evitare loro di essere penalizzati dalla loro situazione di partenza. Al di là dei dettagli che potete trovare sul nostro articolo dedicato, è importante ricordare che essi non creano una corsia preferenziale, ma piuttosto garantiscono le stesse premesse di studio e valutazione per l’intera classe.
In breve, da un lato gli strumenti compensativi sono mirati a rendere l’esperienza di studio sensibilmente migliore e soprattutto autonoma anche in presenza di un DSA; dall’altro, gli strumenti dispensativi “sollevano” lo studente da eventuali attività che – soprattutto in fase di valutazione – potrebbero penalizzarlo esclusivamente in base al disturbo di cui soffre.
Tra gli strumenti compensativi si trovano, grazie allo sviluppo delle tecnologie moderne, anche diversi strumenti di intelligenza artificiale. È questo il caso non solo delle mappe concettuali create con suggerimenti automatici, ma anche della lettura vocale elettronica dei testi (o sintesi vocale) – entrambi mezzi estremamente utili soprattutto per gli studenti che presentano la dislessia. Ci sono delle piattaforme online, come l’app di Algor Education, che offrono esattamente questo tipo di servizio a studenti con o senza DSA.
Come evidenziato anche dai dati sopracitati, i DSA non sono fenomeni granitici. Al fine di migliorare e aggiornare le linee guida già delineate nel 2011, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato nel passato gennaio un nuovo documento per la loro gestione, tenendo conto dell’incremento di studenti bilingui così come delle recenti scoperte scientifiche in ambito di apprendimento.
Grazie alle nuove indicazioni, dunque, è stato possibile superare alcune criticità presenti nella pur importantissima legge 170 del 2010. Andando ad affrontare anche casistiche allora pressocché sconosciute, il rapporto dell’ISS dedica una particolare attenzione al disturbo di lettura – come sottolineato da AID Italia.
Inserendosi così nel solco di un percorso istituzionale già ben definito, le nuove linee guida miglioreranno sensibilmente la vita scolastica di tutti gli studenti con DSA sin dalla prima infanzia. Un suo focus centrale è d’altro canto il potenziamento delle diagnosi precoci in modo da avviare quanto prima i cosiddetti processi di riabilitazione.
Articolo di Nina Komadina, content creator.