Con il termine BES ci riferiamo ai Bisogni Educativi Speciali: situazioni particolari di alunni e studenti con disturbi, disabilità certificata o situazioni di svantaggio socioeconomico che incidono sul rapporto con la famiglia, la scuola e l'apprendimento.
Per dare qualche numero, secondo i dati dell’ISTAT del 2020, In Italia gli studenti con BES rappresentano il 6,5% degli alunni iscritti nella scuola primaria e l’11% degli iscritti alla scuola secondaria.
Spesso si parla erroneamente di BES come una categoria diagnostica, in realtà si tratta di un “termine ombrello” riferito ad una categoria scolastica che include situazioni molto differenti tra loro. L’obiettivo è andare incontro alle particolari esigenze che gli alunni possono manifestare, talvolta anche solamente per un periodo circoscritto e in assenza di una diagnosi clinica.
Cercheremo di capire meglio cosa sono i Bisogni Educativi Speciali, quali strategie vengono usate ed in che modo una buona sinergia fra famiglia, scuola e specialisti può permettere ai ragazzi con BES di superare difficoltà ed ostacoli all'apprendimento che spesso appaiono insormontabili. Vedremo anche qual è il ruolo dei nuovi strumenti digitali per la didattica inclusiva.
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I Bisogni Educativi Speciali (BES) sono esigenze di apprendimento speciali, permanenti o temporanee che alcuni alunni possono manifestare per motivi molto diversi. Il termine BES nasce per facilitare e potenziare l’inclusione scolastica. In Italia è diventato di uso comune con la Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, un vero e proprio punto di svolta perché ha sancito che è dei docenti la responsabilità di individuare le esigenze specifiche di apprendimento e i metodi didattici più adatti agli alunni con BES.
La parola BES può riguardare casi molto diversi tra loro, tuttavia possiamo raggrupparli in tre grandi aree (come mostrato nella mappa):
- Disabilità certificate dal Servizio Sanitario Nazionale secondo la legge 104 del 1992;
- Disturbi evolutivi come i Disturbi Specifici dell'Apprendimento, riconosciuti dalla legge 170 del 2010;
- Situazioni di svantaggio socioeconomico, linguistico o culturale non supportate da una specifica diagnosi ma che comportano comunque delle difficoltà nel rendimento scolastico.

Nei BES rientrano anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività. Con ADHD (acronimo inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) ci riferiamo a quei bambini e ragazzi con problemi di concentrazione, controllo attentivo e/o dell'attività. Inoltre di recente, anche gli alunni plusdotati sono stati riconosciuti come BES.

L'identificazione dei Bisogni Educativi Speciali di un bambino o ragazzo è essenziale per dare loro accesso all’apprendimento e deve essere una priorità per gli insegnanti e la scuola.
Questo richiede di usare approcci costruiti caso per caso, vista la situazione unica di ogni studente, ma sempre rivolti all'inclusione, mai alla marginalizzazione.
La grande varietà di condizioni alla base dei BES (condizioni di disabilità, sociali, culturali, economiche) rende necessario fare molta attenzione a distinguere i singoli casi. Prima di analizzarli nello specifico, facciamo un po' di chiarezza sulla terminologia:
- La diagnosi è una valutazione clinica fatta da psicologi o medici. Prevede che venga assegnata un’etichetta diagnostica e una definizione delle caratteristiche con cui si manifesta il disturbo diagnosticato. Qui bisogna fare due precisazioni: la prima è che una diagnosi non scade, anche se viene richiesto di aggiornarla nel passaggio da un ciclo scolastico a quello successivo. La seconda è che non esiste una diagnosi di BES, come per esempio esiste una diagnosi di DSA.
- La certificazione è un documento con valore legale, che può essere rilasciato da servizi pubblici o strutture accreditate, che hanno al loro interno personale specializzato (psicologi, neuropsichiatri e logopedisti). Le procedure di rilascio delle certificazioni sono regolamentate dalle leggi 104/92 e 170/2010.
- Non tutti i BES hanno bisogno dell'insegnante di sostegno! L’insegnante di sostegno è previsto nei casi in cui si sia una certificazione medica di disabilità ai sensi della legge 104/92 o in caso di coesistenza dei DSA con altri disturbi per i quali prevale l’applicazione della legge 104/92.
Ora che siamo allineati sulla terminologia, proviamo ad analizzare nel dettaglio le tre macro-categorie di BES.
Parliamo di tutti quegli alunni con disabilità motorie e/o cognitive, tutelati dalla legge 104 del 1992 che assegna loro un insegnante di sostegno nei casi in cui venga emessa la certificazione di un medico o di una struttura convenzionata con il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Nel caso di bambini e ragazzi con disabilità certificata, la legge obbliga gli insegnanti alla stesura del Piano Educativo Individualizzato (PEI), che analizzeremo in seguito nel dettaglio.
Molto spesso i bisogni educativi speciali (BES) vengono confusi con i disturbi specifici dell'apprendimento (DSA). Il DSA è un disturbo evolutivo e per questo motivo rientra nell'insieme dei bisogni educativi speciali. In altre parole, il DSA è un BES! Ma qual è quindi la differenza tra BES e DSA?
Il DSA rientra nei bisogni educativi speciali, mentre il BES è un insieme di esigenze educative che non si limita alla categoria dei disturbi.
Per gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento è previsto il ricorso ad un Piano Didattico Personalizzato (PDP) predisposto dalla scuola, in accordo con la famiglia e l’utilizzo di strumenti compensativi e di misure dispensative che possano garantire il suo successo scolastico.
Gli altri disturbi evolutivi specifici (disturbo dell’attenzione e dell’iperattività ADHD, deficit del linguaggio, disturbo delle abilità non verbali, della coordinazione motoria etc.), così come per i DSA, non necessitano della presenza dell'insegnante di sostegno ma la normativa attuale prevede che per tutti ci si possa avvalere degli strumenti dispensativi e compensativi previsti per i DSA. Nei casi clinici particolarmente gravi, può anche accadere che si possa ottenere l'assegnazione di un insegnante di sostegno.
Abbiamo trattato il tema dei DSA in maniera più approfondita in un articolo dedicato.
Rientrano in questa macro-categoria tutti quegli alunni che vivono una situazione meno netta e più sfumata, laddove per esempio non esiste una diagnosi o certificazione. Si tratta di un gruppo di bambini e ragazzi molto numeroso nel mondo della scuola italiana.
Per fare alcuni esempi pratici, questa categoria include (senza voler risultare esaustivi):
- Alunni stranieri arrivati da poco in Italia che non hanno ancora imparato la lingua
- Alunni provenienti da contesti familiari o socio-economici difficili
- Alunni con difficoltà di tipo comportamentale e relazionale
- Alunni con iter di certificazione ancora non completato
Pur senza una diagnosi o certificazione, queste tipologie di BES vengono individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali), cioè di considerazioni psicopedagogiche e didattiche fondate.
Per questi alunni non è previsto solitamente un insegnante di sostegno. Il MIUR invita all'attivazione di un approccio educativo, non meramente clinico. Viene chiesto di redigere il un PDP, ma se il Consiglio di Classe non volesse farlo, deve necessariamente motivarlo per iscritto.
Se i ragazzi sono in attesa di certificazione di DSA la scuola deve comunque far usare strumenti compensativi e dispensativi come se già avesse la diagnosi, in modo da non creare un danno allo studente a causa di eventuali lungaggini nel servizio sanitario nazionale.

Come visto precedentemente, gli alunni con BES hanno diritto ad accedere ad un Piano Didattico Personalizzato (PDP) e Piano Educativo Individualizzato (PEI), in base alla tipologia di BES in cui ricadono. Si tratta di uno strumenti chiave per l’inclusione di alunni altrimenti destinati a rimanere "indietro" rispetto al resto della classe. Vediamo più nello specifico a cosa ci riferiamo con i termini PDP e PEI.
Con il PDP gli insegnanti sono chiamati a disegnare la strategia didattica individualizzata e inclusiva più efficace per gli alunni con DSA o altri disturbi evolutivi, indicando strumenti compensativi e dispensativi più utili a seconda del suo profilo di apprendimento descritto dagli insegnanti e i suoi punti di forza e di debolezza che emergono dalla certificazione diagnostica.
Il PDP, introdotto dalla legge 170/2010 è obbligatorio per gli alunni con diagnosi di DSA e facoltativo per altri alunni con BES. E’ un documento che viene redatto dal consiglio di classe e diventa ufficiale con la firma dei genitori, di tutti i docenti e del Preside. Con i PDP viene strutturato un percorso formativo ad hoc per quei ragazzi che presentano difficoltà nell'apprendimento. Essendo un piano su misura, non è facile stabilire a priori i suoi contenuti in maniera rigida. Tuttavia, possiamo individuare dei requisiti minimi:
- Dati generali: riguardanti l'alunno, la famiglia, la diagnosi e gli eventuali interventi già realizzati
- Valutazione iniziale delle abilità dell'alunno e del comportamento dello studente nei vari contesti in cui è inserito;
- Caratteristiche del processo di apprendimento e Tecniche di studio utilizzate dal ragazzo;
- Obiettivi specifici di apprendimento (eventualmente diversi da quelli della classe di appartenenza);
- Strategie, metodologie e attività didattiche;
- Misure dispensative e strumenti compensativi;
- Criteri e modalità di verifica e valutazione;
- Patto con la famiglia.
Il PEI, da non confondere con il PDP, è un documento progettuale che contiene l’indicazione dettagliata degli interventi educativi e degli interventi didattici, degli obiettivi prefissati per l’alunno con disabilità certificata. Il documento è redatto in modo congiunto da scuola (insegnanti e docente di sostegno, figure sociosanitarie e famiglia, che collabora alla redazione e firma il PEI insieme a tutte le figure coinvolte.
Il PEI deve essere redatto per ogni ciclo scolastico e deve contenere:
- obiettivi didattici, educativi e di apprendimento: fanno parte degli obiettivi anche l’inclusione e la socializzazione, e più in generale il benessere dell’allievo nel contesto della scuola
- l’elenco di tutte le attività didattiche, l’organizzazione degli orari e la strutturazione delle attività insieme al metodo e ai sussidi impiegati per organizzarle
- la valutazione delle attività, con la descrizione dei metodi e dei criteri che la sostengono
- il rapporto tra la scuola e il contesto extra-scolastico
Come il PDP, non è un documento immutabile: viene analizzato ogni anno e nel corso dello stesso anno scolastico per valutarne l’efficacia, e modificato per tenere conto dei risultati raggiunti dall’allievo, per aggiornare o confermare gli obiettivi e per adattarlo a necessità emerse durante l’anno.
Per stabilire una strategia comune che riesca a rispondere nel modo giusto alle esigenze dell’alunno, è molto importante che si crei un rapporto di collaborazione tra la famiglia del bambino, gli insegnanti e la scuola ed gli specialisti che si occupano delle valutazioni quando è necessario.
La famiglia non ha soltanto un ruolo fondamentale nell’identificazione del problema, ma rimane parte attiva durante tutto il percorso dell’alunno. I genitori devono condividere le linee elaborate nel PDP o nel PEI, possono confrontarsi con i docenti e gli specialisti che hanno redatto la diagnosi (nei casi in cui esista) e vigilare sulla corretta messa in pratica del piano.
La scuola deve essere luogo di accoglienza e inclusione, deve sapersi adattare alle esigenze specifiche dell’alunno senza però farlo sentire emarginato rispetto ai compagni. I docenti sono parte attiva nell’osservazione dei bisogni educativi speciali e nel dialogo con la famiglia e gli specialisti. Inoltre, è loro compito individuare le esigenze specifiche di apprendimento e i metodi didattici più adatti.
Grazie alla crescente consapevolezza sul tema BES e ad un personale scolastico più preparato, il panorama pedagogico si sta sempre di più spostando sulla strada dell’inclusione, facendo vivere il meno possibile la condizione di svantaggio ai bambini e ragazzi con BES. Le normative ministeriali indicano che agli studenti con Bisogni Educativi speciali va garantita:
- Una didattica personalizzata più inclusiva
- La possibilità di utilizzare strumenti compensativi, per compensare attività che richiedono abilità deficitarie
- Misure dispensative che permettano agli alunni di non svolgere determinati compiti o attività, cercando comunque di non incidere sulla qualità del percorso di formazione
- Una valutazione adeguata che tenga conto delle necessità specifiche dell'alunno, evitando però una differenziazione. L'alunno con BES deve quindi sostenere la stessa prova d'esame, ma può essere supportato (per fornire degli esempi) dall'utilizzo di strumenti compensativi o dalla possibilità di più tempo a disposizione.
La scuola deve adottare “la politica dell’inclusione” come strategia per rispondere in modo efficace ed efficiente alla diversità. La diversità va vista come un valore aggiunto e non come un fattore di disturbo. Per farlo, tutti gli “attori” (famiglia, scuola, specialisti) devono collaborare insieme, adottando e condividendo strategie e buone pratiche educative.
In ogni classe ci sono alunni che richiedono un’attenzione speciale per una varietà di ragioni, una scuola che include deve essere in grado di leggerli tutti e di dare le risposte necessarie e adeguate. La scuola “inclusiva” deve essere quella che coglie la presenza di BES come un’occasione di ripensamento di pratiche educative e didattiche.
Alcune strategie per aumentare l'inclusione nell'ambiente scolastico con alunni Bes:
- creare un clima inclusivo: valutare, accettare e rispettare la diversità;
- adattare lo stile di insegnamento, materiale didattico e nuove tecnologie digitali;
- essere flessibili, modificare le strategie in itinere;
- trovare punti contatto tra le programmazioni (di classe e individualizzata);
- promuovere un approccio cooperativo tra gli alunni;
- favorire la creazioni di reti relazionali con famiglia, territorio e specialisti;
- aggiornamento professionale continuo, l’insegnamento è una “attività di apprendimento” e i docenti hanno la responsabilità del proprio apprendimento per tutto l’arco della vita.

Didattica inclusiva vuol dire anche adattare lo stile di insegnamento ed materiali didattici ai tempi ed al passo con le nuove tecnologie digitali. L’uso di strumenti come:
- Applicazioni o software per la creazione di schemi e mappe concettuali come Algor Education;
- OCR per convertire un documento o un immagine in testo in maniera automatica;
- Lavagne digitali per disegnare, lavorare con immagini, annotare PDF;
- Sintesi vocale per riprodurre il testo;
- Dettatura vocale;
può aiutare i docenti ad applicare nuove metodologie di didattica inclusiva e collaborativa.