La didattica a distanza regna ormai nelle vite di tutte le famiglie che vivono il mondo della scuola: che siate studenti, genitori oppure insegnanti e personale ATA, la DAD aleggia sulle vostre vite e segue i vostri passi come un’ombra.
Se è vero che le linee tecnico-politiche sulla gestione delle classi in relazione alla pandemia variano frequentemente, dall’altro canto ormai l’ipotesi delle lezioni in remoto è entrata nella quotidianità di centinaia di migliaia di famiglie italiane (se non di più). Proprio per questa malaugurata familiarità con la DAD a singhiozzo, però, può capitare di sottovalutare le ripercussioni a breve e lungo termine che la nuova modalità ha sull’apprendimento e la crescita degli alunni.
Per approcciare al meglio l’insegnamento da remoto e garantire un’esperienza di apprendimento ideale ad ogni singolo studente c’è quindi bisogno di due elementi molto importanti: pragmaticità e cura degli aspetti psicologici. In questo articolo troverete due diversi filoni, che affronteranno la DAD sotto altrettanti diversi aspetti che vanno tenuti in considerazione sia dagli insegnanti che dai genitori. Più concretamente, cercherò di rispondere a quelle che potrebbero essere le vostre domande più frequenti:
Quando si sta a casa? Quali sono le ultime novità in merito di DAD e scuola? Quali effetti ha la didattica a distanza sui bambini e i ragazzi?
Gli ultimi giorni hanno visto un braccio di ferro all’interno del governo e dei comitati scientifici, che hanno cambiato i protocolli scuola-Covid19 per ben due volte nel giro di meno di 24 ore. DAD sì o DAD no? L’introduzione di norme più o meno lasche è stato un tema politico molto caldo, dal momento che riguarda milioni di famiglie italiane ogni giorno.
Ambito spesso sottovalutato perché fa parte della quotidianità, in realtà quello scolastico è il mondo di un numero quasi impressionante di persone, tra genitori, studenti, insegnanti e personale ATA. Quali sono i dati del sistema scolastico italiano a 21 mesi dalla prima chiusura a causa della pandemia? Stiamo davvero parlando di numeri rilevanti?

Secondo gli ultimi dati ISTAT per l’anno scolastico 2021/2022, al giorno d’oggi ci sono quasi 7.5 milioni di studenti tra i banchi di scuola, suddivisi in più di 368 mila classi. Dall’altra parte della cattedra siedono poi oltre 680.000 docenti, a cui vanno aggiunti gli insegnanti di sostegno “straordinari” (pochi meno di 66.000). Questi numeri, che non sono variati in modo particolare a causa della pandemia, comprendono anche i bambini in età da asilo, che vengono comunque interessati dalle linee guida del ministero.
La gestione delle 8.029 istituzioni scolastiche statali non è quindi solo una questione di politica o di scelte compiute dalla mattina alla sera: colpisce in modo diretto la diffusione del virus e dunque l’andamento della pandemia stessa. Detta in parole più povere, decidere se una classe dovrà restare a casa dopo uno o tre casi di Covid-19 tra i compagni cambia radicalmente il modo di vivere in Italia.
Certo, prendere una decisone che impatta la vita di così tante persone non è semplice; nonostante questa scusante, però, il trambusto istituzionale ha creato una situazione caotica, in cui milioni di persone legate alla scuola sono disorientate. Cosa succede quando ci sono dei positivi in classe? Quali sono le regole da seguire in caso di DAD? Soprattutto, se le regole attuali sono uguali a quelle di inizio novembre, perché si è pensato di cambiarle?
Assieme all’aumento (quasi esponenziale) dei contagi da Covid-19, l’Italia ha visto anche crescere sensibilmente i contagi in età scolare. Come si può leggere nella circolare che avrebbe dovuto modificare le regole sulla DAD il 29 novembre, la crescita del famoso indice Rt sopra l’1,25 ha provocato seria preoccupazione, spingendo le istituzioni a “correre ai ripari”. Nonostante ci sia sempre stata una netta preferenza per le lezioni in classe, i dati sembravano tanto allarmanti da giustificare l’introduzione di norme più restrittive, con la chiusura delle lezioni in presenza anche con un solo positivo. La DAD, dunque, era una scelta quasi obbligata per tenere sotto controllo la diffusione del virus.
Le istituzioni, dopo una prima fase di allarmismo sollevato anche dal basso, hanno però deciso di soffermarsi ulteriormente sui dati, in modo da comprendere al meglio se il cosiddetto “programma di sorveglianza con testing” fosse davvero inefficace oppure potesse ancora contrastare i picchi di contagi da Covid-19. La chiusura delle classi rappresenta una misura quasi estrema, perché la DAD può essere un metodo didattico d’emergenza, ma ha un valore psico-educativo negativo sia sugli insegnanti che sugli studenti. Proprio per questo, dopo aver riesaminato i dati, i Ministeri di Salute e Istruzione hanno emesso una nuova circolare che annullava l’inasprimento delle restrizioni.
Detto in parole povere, dunque, il ricorso alla DAD di adesso è esattamente lo stesso di prima del grande trambusto degli ultimi giorni. La scuola continuerà a seguire le linee guida della circolare “Indicazioni per l’individuazione e la gestione dei contatti di casi di infezione da SARS-CoV-2 in ambito scolastico”, pubblicata il 28 ottobre 2021. Vengono dunque mantenuti i “tre livelli” di azione diversa in base a quanti tamponi positivi al Covid-19 si rilevano in una classe:
- Se c’è un solo caso di contagio, sia insegnanti (venuti a contatto) che compagni devono fare un primo tampone (“T0”). Se nessuno è positivo, si può continuare da subito con le lezioni in presenza, in attesa del secondo tampone (“T5”) cinque giorni dopo il primo; il doppio monitoraggio serve a tracciare l’andamento dei contagi. La situazione è particolare per gli insegnanti non vaccinati, che devono in ogni caso seguire l’isolamento per 10 giorni anche con tampone negativo;
- Quando ci sono due contagi, vengono seguite le stesse misure del tampone in doppia fase. Anche i negativi devono però in questo caso osservare la quarantena, solo se non sono vaccinati o se non guariti nei sei mesi precedenti. Per i vaccini tra i ragazzi tra i 12 e i 19 anni i dati sono abbastanza incoraggianti, dal momento che 4.627.514 giovani hanno ricevuto almeno una dose, di cui il 70% ha completato l’intero ciclo vaccinale;
- Con tre casi di positività scatta invece la DAD automatica per l’intera classe. Il periodo di isolamento da seguire sarà di una settimana per studenti e insegnanti vaccinanti, mentre invece sarà di 10 giorni per gli altri.
Spesso si sente parlare di DAD come se riguardasse solo l’andamento della pandemia. Nonostante questo il focus principale sia limitare i contagi, però, gli esperti si sono anche impegnati in questo anno e mezzo a studiare gli effetti che la DAD ha sull’offerta formativa a 360°. In particolare, sono state evidenziate delle importanti criticità che legano la didattica a distanza e gli effetti psico-emotivi a medio e lungo termine. I risultati ottenuti sono molto interessanti, perché offrono da un lato uno strumento di autoconsapevolezza agli studenti, ma dall’altro uno sguardo più onnicomprensivo agli insegnanti.
Uno degli schemi sulla DAD più utili e immediati da usare è quello elaborato nell’ambito del progetto “Emotion Revolution: Emozioni e Didattica Digitale Integrata durante l’emergenza Covid-19” – Seconda Edizione” di Microsoft, PERLAB e Wattajob. Come indicato da questo report, la didattica a distanza offre al contempo possibilità di crescita personale ed effetti negativi che possono compromettere l’esperienza di apprendimento. Gli studenti – che solo il vero centro della missione di Algor – possono migliorare nelle proprie competenze tecnologiche e addirittura acquisirne delle nuove per quanto riguarda l’autonomia nello studio. Questo tipo di potenziamento potrebbe però essere descritto come un “effetto positivo forzato”, che non avviene attraverso un processo naturale che avrebbe luogo anche in situazioni ottimali di vita.

Se dunque il 68% degli alunni presi in considerazione ha migliorato il proprio rapporto con la tecnologia grazie alla didattica a distanza, ciò è avvenuto a discapito di senso di noia, confusione e solitudine molto più accentuati. Le situazioni emotive stressanti comportano un calo nel rendimento scolastico e nella qualità dell’apprendimento: infatti, lo stress peggiora l’apprendimento non solo dal punto di vista emotivo, ma anche fisiologico.
Una delle migliori armi per combattere questo tipo di problematiche sembra essere la consapevolezza – sia da parte del docente che da parte degli alunni stessi, perché riconoscere il problema consente di affrontarlo in modo adeguato. La comprensione emotiva e lo sviluppo di competenze di ascolto trasversali diventano così fondamentali per garantire un ambiente di apprendimento ottimale (anche quando virtuale). Bisogna dunque interrogarsi sugli impatti psicologici che la DAD ha sull’esperienza educativa individuale e di gruppo, nonostante per il momento la maggior parte degli studi vengano condotti sui mezzi pratici utilizzati per l’insegnamento telematico (come qui e qui).
Un occhio di riserva va dato agli studenti che soffrono di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Gli effetti negativi causati dalla DAD sono stati sicuramente amplificati in modo particolare per gli studenti che hanno Bisogni Educativi Speciali (BES). Per rendersene conto, basta pensare che il maggior vantaggio è stato secondo gli esperti l’incremento dell’autonomia, ma spesso lo studio non assistito rappresenta uno degli ostacoli più grandi per gli alunni con DSA. In questo senso, l’utilizzo di strumenti specifici può agevolare l’approccio allo studio autonomo, anche in assenza di figure di riferimento specializzate. Tenendo conto delle difficoltà generali legate alla DAD e alla mancanza di contatto diretto tra docenti e alunni, l’appello ad una didattica inclusiva diventa ancora più forte, per riuscire a dare una risposta adeguata ad “un rapporto complesso e sfidante”.
Articolo di Nina Komadina, content creator.