Quante volte l’abbiamo sentito dire? Bisogna parlare di Mafia, di criminalità organizzata, della lotta dei singoli onesti per cercare di contrastare il fenomeno – con la speranza di sradicare del tutto questo cancro che affligge la società. Le organizzazioni a stampo mafioso seguono schemi molto simili tra di loro in tutto il mondo, puntando tutte (con le dovute differenze) moltissimo sulla collaborazione silenziosa anche di chi non ne fa direttamente parte sfruttando la paura dei singoli.
Vista la forza che è riuscita ad ottenere la mafia italiana in quasi due secoli di vita farne una tesina di terza media servirà sia ad innalzare i livelli di consapevolezza che a comprendere la trasversalità che questa tematica riesce a toccare nel mondo contemporaneo.
I collegamenti possibili, che analizzeremo di seguito, potrebbero essere:
La mafia - così come la criminalità organizzata in generale - è per definizione la perfetta antitesi del concetto di legalità su cui dovrebbe basarsi una società in buono stato di salute. Come si può leggere infatti sulla voce dedicata di Treccani online, con Mafia si intende:
“il complesso di piccole associazioni criminose (dette cosche), segrete, a carattere iniziatico, rette dalla legge dell’omertà e regolate da complessi riti che richiamano quelli delle compagnie d’arme”.
Un concetto qui fondamentale è quello di omertà. Il carattere violento e criminale dei mafiosi infatti riesce a incutere una tale pressione psicologica che le loro stesse vittime spesso non hanno il coraggio di denunciare i crimini. Questo meccanismo va però invertito se si vuole davvero debellare la criminalità organizzata, sia tramite una maggiore informazione che tramite reti di supporto beneficiando chi denuncia.
La mafia nella forma istituzionalizzata in cui la conosciamo oggi nacque verso la metà dell'800 nel meridione italiano – nello specifico nei territori del Regno Borbonico. In un quadro geopolitico ancora estremamente frammentario gestito dalla nobiltà feudale, i primi "uomini d'onore" si affermarono come "forza armata" addetta sia alla risoluzione delle dispute interne al feudo che alla difesa verso minacce esterne.

Fu dunque in un contesto privo di un forte stato centrale che dei semplici briganti iniziarono ad associarsi andando a creare un vero e proprio sistema basato sull'uso della forza. Il potere che acquisirono fu tale da influenzare la politica locale, regionale e nazionale fino ai giorni d'oggi, da Giolitti alla trattativa Stato-Mafia passando dall'era dei magistrati eroi (Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa tra gli altri).
Sebbene le mafie italiane non siano le uniche esistenti a livello globale, esse sono probabilmente quelle che hanno avuto sia più fama che più fortuna. Il carattere peninsulare della nostra nazione ha infatti sempre favorito i commerci internazionali: da un lato quelli leciti, in cui oggi dominano i prodotti chimici di base e gli autoveicoli; dall'altro quelli illeciti, basati soprattutto sul contrabbando. Proprio gli aspetti geografici e morfologici dell’Italia, inoltre, contribuiscono a renderla una delle principali mete del turismo, che costituisce uno dei maggiori settori dell’industria nazionale.
Uno dei prodotti che hanno fatto fare fortuna alla mafia siciliana, a partire dalla seconda metà del XX secolo sono state le droghe – correttamente chiamate “sostanze psicotrope”. Prodotti illeciti perché estremamente dannosi per il singolo e pericolosi per l'intera comunità, le sostanze stupefacenti agiscono a livello del sistema nervoso provocando i più disparati effetti, partendo dal semplice rilassamento muscolare per arrivare a stati di sovraeccitazione e allucinazione. La loro azione chimica, che si concentra solitamente sul livello neuronale e ormonale, porta presto chi ne fa uso a cadere nel circolo vizioso della dipendenza, sia mentale che eventualmente fisica.

Uno degli ambiti leciti in cui si è infiltrata la mafia soprattutto a partire dal nuovo millennio è quello degli appalti pubblici per lo smaltimento dei rifiuti e la transizione ecologica. La cosiddetta "ecomafia" punta ad abbattere i costi di queste attività tramite pratiche altamente dannose per l'ambiente, usando tecnologie ormai superate – come impianti inceneritori, smaltimento di scarti industriale nelle falde acquifere e costruzione di infrastrutture non in regola. Questo preoccupante fenomeno offre spunti di riflessione sull'accessibilità economica delle nuove tecnologie, un ambito che richiederebbe l'intervento statale per beneficiare realmente le comunità locali.
La continua evoluzione della mafia la rende una realtà criminale estremamente difficile sia da individuare che da combattere. Grazie alle nuove frontiere della matematica applicata, però, le forze dell'ordine riescono oggi a mettere in atto operazioni prima impensabili:
- Il tracciamento e mappamento delle zone più a rischio grazie a specifici indici creati ad hoc;ù
- La previsione dell'incidenza criminale tramite i programmi di analisi dei dati che vengono "allenati" con gli algoritmi;
- L'impostazione di soglie numeriche che identificano movimenti bancari sospetti segnalando agli investigatori piste difficilmente individuabili "a occhio nudo".
L'ultima applicazione della matematica per la lotta alla mafia è particolarmente utile quando si tratta di riciclaggio di denaro. Questa strategia, quando applicata allo sport, consiste nell'acquisto di società fittizie per investire dei soldi, facendoli così risultare come un guadagno legale. Un altro meccanismo tramite cui la mafia è riuscita ad inquinare lo sport è poi quello delle scommesse clandestine, che hanno per sempre trasformato intere discipline (tra cui spiccano le corse e il calcio).

Alzando il tiro delle proprie fonti di reddito, la mafia ha spesso sfruttato anche il mondo del collezionismo artistico. Un caso eccellente in questo senso è stato il furto da parte del boss Matteo Messina Denaro della Natività di Caravaggio (1600). L'opera è un esempio della fase artistica in cui l'autore seppe al meglio esprimere il pathos del grande evento religioso della nascita di Gesù attraverso un abile uso del chiaroscuro. In assenza di un punto di luce univoco e centrale, la costruzione della tela invita lo spettatore a concentrarsi prima su Maria e poi sul neonato Cristo grazie agli sguardi delle figure e alla posizione dell'angelo in volo.
Un autore che venne particolarmente colpito dalle attività mafiose fu Sciascia, scrittore siciliano che nelle sue opere seppe unire il taglio stilistico del pessimismo con la speranza illuminista nell'intelletto umano. Fortemente legato alla Sicilia in molte delle sue opere, denunciò il sistema mafioso sia con il teatro (ad esempio ne "L'onorevole") che con la scrittura. Sciascia si cimentò verso la fine degli anni '50 nella stesura de "Il giorno della civetta", un romanzo a cavallo tra il genere storico e quello giallo che si ispirò a fatti reali. Unendo denuncia politica e descrizione sociale, l'autore romanzò liberamente un caso di omicidio strategico avvenuto nel gennaio del 1947 a Sciacca, portando a galla anche le ipocrisie della classe dirigente che negava addirittura l'esistenza delle organizzazioni mafiose.
Anche il cantautorato italiano ci ha regalato un ritratto eccellente della mafia con "Don Raffaè" di De André, Bubola e Pagani. Il brano, che fa ampio uso della spoken word per creare un ritmo incalzante, descrive la vita carceraria di Raffaele Cutolo. Il dialetto napoletano e gli strumenti tradizionali partenopei restituiscono un'aura di autenticità e tradizione alla figura di Don Raffaè, capace di mantenere anche da recluso i privilegi di un boss di alto rango.
