La Prima rivoluzione industriale in Inghilterra fu alla base di un rinnovamento epocale, destinato ad avere grandi ripercussioni sulla modernità. Collocabile tra la metà del XVIII e la metà del XIX secolo, investì molteplici aspetti della società.
In questa mappa concettuale verranno presi in esame:
La rivoluzione dell’agricoltura fu senza dubbio la spinta per il compimento della rivoluzione industriale inglese. In Inghilterra la divisione delle terre aveva come protagonisti piccoli proprietari terrieri, che possedevano piccoli e sparsi appezzamenti. Questo non permetteva la possibilità di introdurre innovazioni tecniche che potessero migliorare i rendimenti.
Attraverso una serie di atti (Enclosures acts) venne imposto l’obbligo di recintare i terreni. Questo provocò la scomparsa dei piccoli proprietari, che non avendo soldi per effettuare i lavori di recinzione furono costretti a vendere i propri appezzamenti ai grandi proprietari.
Questi ultimi raggrupparono le varie terre, ingrandendole e rendendole pronte all'utilizzo di nuove tecniche necessarie per incrementare la produttività agricola, come l'abbandono del maggese e l’introduzione della rotazione continua delle terre, l’ammodernamento di utensili tradizionali e l’introduzione di nuovi, l’impiego di cavalli nei lavori agricoli.
Il settore tessile in Inghilterra si basava sulla produzione della lana e sul rapporto tra mercanti e manodopera. I mercanti fornivano la lana ai lavoratori, che si occupavano dei vari processi produttivi, e infine riacquistavano da loro il prodotto finito.
Al fine di velocizzare le varie fasi del lavoro, nella seconda metà del 700 vennero introdotte le prime innovazioni: vennero inventate la spoletta volante e la mula automatica, che velocizzarono rispettivamente i processi di tessitura e filatura e che nel corso del tempo vennero perfezionate e rese sempre più performanti.
Accanto alla produzione di tessuti in lana si affiancò quella del cotone che, essendo un prodotto nuovo, era privo di rigide regolamentazioni. L’industria cotoniera, infatti, fu il settore trainante che alimentò la rivoluzione industriale.
Dal momento in cui la legna, materiale utilizzato per fondere minerali di ferro, iniziò a scarseggiare, la produzione del ferro subì un lento arresto, che venne però superato con l’introduzione della macchina a vapore, ideata da Newcomen e perfezionata da James Watt.
La nuova invenzione, dove per la prima volta una macchina andava a sostituire la forza fisica, venne applicata inizialmente all’interno delle miniere sotto forma di pompe a vapore necessarie per eliminare l’acqua in eccedenza; successivamente venne associata ai telai nel mondo tessile e poi a quello del trasporto su rotaie, impattando sia sul mondo del commercio che su quello dei trasporti. Fu, insomma, una vera rivoluzione alla base della modernità.
Dalla prima metà del 700 si assiste ad un irrobustimento della rete viaria inglese attraverso la costruzione di nuove strade, canali e ponti, che contribuirono notevolmente allo sviluppo di scambi commerciali e alla formazione di un dinamico mercato interno.
Le strade esistenti vennero migliorate e attraverso il sistema del pedaggio ne vennero create di nuove; vennero costruiti canali per velocizzare il trasporto di carbone, che comportò la riduzione del costo di trasporto e di conseguenza la riduzione del prezzo di vendita del carbone.
Lo sviluppo della metallurgia in Inghilterra consentì la creazione di ponti, sperimentando l’impiego di materiali differenti: ai primi ponti realizzati inferro e ghisa, poco resistenti, vennero sostituiti ponti in acciaio, un materiale che possiede un’elevata resistenza alla trazione e che quindi poteva garantire la costruzione di ponti più grandi e resistenti.