Giacomo Leopardi è stato un poeta, scrittore e filosofo, un personaggio particolare. Il pensiero di questo poeta viene ricostruito grazie allo Zibaldone di pensieri, ovvero il diario personale di Leopardi. In questo manoscritto infatti l'autore riporta considerazioni, pensieri relativi a questioni filologico, linguistiche, letterarie e filosofiche.
Lo Zibaldone di Leopardi riesce quindi a restituire un’immagine della vastità dei suoi interessi, e soprattutto permette di ricostruire l'idea del pessimismo che ha caratterizzato il pensiero del poeta.
In questa mappa concettuale analizzeremo quindi le quattro fasi del pessimismo leopardiano:
Il pessimismo individuale è la fase più giovanile di questa ideologia. Infatti Leopardi, nonostante abbia trascorso un'infanzia felice, a causa dalle malattie che lo affliggono, dalle occasioni perse e dalla perdita della gioventù, pensa cha la vita sia stata spietata con lui, mentre gli altri possono essere felici e spensierati.
Da qui nasce il termine "individuale", in quanto di fatto il male e l'infelicità sembrano caratterizzare solo la sua esistenza.
Questa separazione tra lui e "gli altri" emerge principalmente in una poesia che fa parte dei Canti "I piccoli Idilli" : La sera del dì di festa. Questa poesia, composta a Recanati nel 1820, ha come tema centrale la riflessione di Leopardi in merito all'infelicità della vita, espressa anche grazie all'immagine di una donna indifferente nei suoi confronti e lontana. Il poeta sente che la natura gli abbia negato la speranza (speme).
E l’antica natura onnipossente,
Che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Dei versi riportati sopra possiamo evidenziare come la natura abbia detto a Leopardi "A te la speme nego", da qui l'individualismo della sofferenza del poeta.
Con gli anni Leopardi, non crede più che la felicità degli altri sia reale, ma solo apparente. Da un pessimismo individuale si passerà quindi ad un pessimismo che viene definito storico. Infatti il poeta afferma che gli uomini avevano accesso ad uno stato di felicità solo nell'età primitiva, quando si trovavano nello stato di natura. Poi però gli uomini vollero uscire da questo stato di ignoranza e con la ragione vollero mettersi alla ricerca del vero. La ragione però è maligna, e rivela all'uomo la vanità delle pie illusioni, il male, il dolore. Si ha quindi una contrapposizione tra Natura, che viene qui considerata benigna, perché ha fornito l'immaginazione, ed è quindi una madre benefica, e Ragione, che rivela agli uomini il male.
Il termine storico deriva quindi dal fatto che per Leopardi il dolore è il frutto negativo dell'evoluzione storica. Nello zibaldone il poeta infatti scrive;
La ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola
Appartengono a questo periodo di "pessimismo storico", gran parte dei "I piccoli Idilli", tra cui: "L'infinito", ma anche delle canzoni quali "Sopra il monumento di Dante", che esaltano gli italiani a prendere esempio dai grandi del passato.
Leopardi perviene negli anni successivi al cosiddetto pessimismo cosmico, ovvero l'idea per cui, contrariamente alla pessimismo storico, ritiene che l'infelicità sia legata alla stessa vita dell'uomo. L'uomo è quindi destinato a soffrire per tutta la durata della sua esistenza, senza via di uscita.
Cambia qui la concezione della natura, che da madre benigna, viene ora considerata matrigna. È la natura infatti ad aver creato l'uomo con questo desiderio di felicità, pur sapendo che non potrà mai raggiungerla, ed è sempre la natura che dopo aver dato la vita al singolo, tenta di eliminarlo per dar luogo ad altri individui. Il poeta appare come un "amante respinto", disilluso.
L'opera più emblematica di questa fase è un' "Operetta Morale", scritta nel 1824, intitolata "Dialogo della natura e di un islandese". L'opera racconta la storia di un islandese che viaggia, fuggendo la Natura. Tuttavia arrivato in Africa incontra proprio la Natura che stava evitando, con la forma di una donna gigantesca, e dialoga con essa.
L'islandese dice quindi alla natura:
e mi risolvo a conchiudere che tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti;[...]
sei carnefice della tua propria famiglia.
La natura viene quindi descritta come "carnefice" della propria famiglia.
L'ultima fase del pessimismo di Leopardi viene definita "pessimismo eroico". Il poeta rivaluta adesso la ragione, come l'unica qualità rimasta agli uomini che permette loro di conservare la propria dignità. Gli uomini, grazie alla ragione si uniscono riuscendo ad attenuare il dolore. L'uomo fa dunque un ultimo eroico sforzo per vincere la sofferenza.
Un opera emblematica di questo periodo è l'"Operetta morale" Dialogo di Plotino e Porfirio. Quest'operetta affronta il tema del suicidio affermando che la scelta di togliersi la vita non va fatta perché aggiungerebbe ulteriore dolore agli amici. E per questo Plotino dice:
andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente, per compiere nel miglior modo questa fatica della vita
Un'altra opera che rappresenta a pieno il pensiero di questo pessimismo eroico è "La ginestra" : un poemetto lirico-filosofico, scritto nel 1836. La terza strofa di questo poema infatti riporta:
e quell'orror che primo
contro l'empia natura
strinse i mortali in social catena,
fia ricondotto in parte
da verace saper, l'onesto e il retto
Il poeta parla quindi di un orrore, che spinse gli uomini ad unirsi in una catena sociale, contro la natura matrigna.