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Le lotte operaie e contadine in Italia, influenzate dalla crisi economica post-bellica e dal mito della Rivoluzione Russa, culminarono in eventi significativi come lo sciopero delle lancette alla FIAT e le occupazioni delle fabbriche del 1920. Questi movimenti segnarono un'epoca di grandi cambiamenti sociali e politici, con conseguenze dirette sull'ascesa del fascismo.

Le origini

Le origini di queste lotte operaie e contadine vanno ricercate su due fronti: da un lato si ha la crisi economica in Italia, conseguenza della guerra appena terminata, e dall’altro si ha il mito della Rivoluzione russa, che spingeva la classe operaia a voler agire come in Russia, per liberarsi.



Crisi economica del dopoguerra
L'economia italiana si trovava in una situazione di grave crisi iniziata durante la guerra. Infatti, già nel biennio 1917-1918 il reddito nazionale netto era sceso drasticamente. A questa situazione di disagio si aggiunse, nelprimo dopoguerra un ingentissimo aumento del debito pubblico, un forte aggravio del deficit della bilancia dei pagamenti, il crollo del valore della lira e un processo inflattivo, non accompagnato da un amento dei salari. Il peggioramento delle condizioni di vita delle classi popolari portò quindi all’ondata di scioperi e di agitazioni alla quale non rimase estranea nessuna categoria di lavoratori, nelle città e nelle campagne, compresi i pubblici dipendenti.

Il mito della Rivoluzione Russa
La Rivoluzione russa, nel marzo 1917 aveva portato alla costituzione del Governo Provvisorio Russo che aveva subito ottenuto il sostegno morale dei socialisti italiani. Cominciò quindi un periodo di esaltazione di Lenin edella Russia, che fece molta presa nella classe operaia dell’epoca, in quanto fece nascere il desiderio di “fare come la Russia”, al fine di sbloccare la situazione italiana. La Rivoluzione d'ottobre, quindi, rafforzò il Partito Socialista che aveva i suoi principali centri a Roma, Torino, Milano, Napoli e Firenze e di cui divenne la vera e propria avanguardia.

Gli eventi


Lo sciopero delle lancette
Nel marzo 1920 scoppiò un importante sciopero presso la FIAT di Torino, il cosiddetto sciopero delle lancette.‍ Lo sciopero nacque dalla richiesta degli operai di posticipare di un'ora l'ingresso al lavoro, in seguito all’entrata in vigore dell’ora legale. Tale richiesta fu negata e questo spinse la Commissione interna dell’officina Industrie Metallurgiche a spostare di un’ora indietro l’orologio di sua iniziativa. Questo fatto portò al licenziamento di tre membri e gli operai, per solidarietà, entrarono in sciopero, il 29 marzo 1920. Gli industriali risposero a loro volta con una serrata, pretendendo, che venissero sciolti i Consigli di fabbrica. Lo sciopero coinvolse circa 120.000 lavoratori di Torino e provincia. Tuttavia, né la direzione nazionale della CGDL né quella del Partito socialista diedero il loro appoggio alle rivolte. Lo sciopero terminò il 24 aprile con una netta sconfitta da parte dei lavoratori.

Altri scioperi minori
Il 1° maggio furono indetti cortei nelle principali città. Un nuovo sciopero porto Nitti a dimettersi il 9 giugno 1920 per lasciare il posto a Giovanni Giolitti che formò il suo quinto esecutivo.

La rivolta dei bersaglieri
Nel giugno 1920, scoppiò una rivolta da parta dei Bersaglieri. Questi ultimi infatti ammutinarono, in quanto non volevano partire per l'Albania, dove era in corso un'occupazione militare da parte dal governo Giolitti.  Fu una vera ribellione armata. Da Ancona la rivolta divampò in altre zone d’Italia. Quando il re ordinò l'invio delle guardie per ristabilire l'ordine, i ferrovieri aiutarono i rivoltosi, scioperando e impedendo che i militi potessero arrivare ad Ancora. Il moto fu poi sedato grazie all'intervento della marina militare.

Le occupazioni delle fabbriche
Il 18 giugno 1920 la FIOM(Federazione Impiegati Operai Metallurgici) presentò alla Federazione degli industriali meccanici e metallurgici delle richieste. Si richiedeva incrementi salariali per compensare l’aumento del costo della vita e il miglioramento delle condizioni di lavoro. Gli industriali non vollero cedere a queste richieste. La FIOM procedette quindi con ostruzionismo, secondo il quale gli operai avrebbero dovuto ridurre la produzione, rallentando l'attività. Fra l'1 e il 4 settembre 1920 quasi tutte le fabbriche metallurgiche in Italia furono occupate. Gli operai coinvolti furono più di 400.000 e si estese ad alcuni stabilimenti non metallurgici.L'occupazione delle fabbriche avvenne ovunque quasi pacificamente. Infatti ,le forze dell’ordine avevano ricevuto il comando, dal governo Giolitti, di non tentare azioni di forza ma di sorvegliare dall’esterno gli stabilimenti senza intervenire.

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00

Crisi economica post-bellica

Dopo la guerra, l'Italia affrontò una crisi economica con calo del reddito nazionale, aumento del debito pubblico, deficit della bilancia dei pagamenti, svalutazione della lira e inflazione senza aumento salari.

01

Conseguenze sociali della crisi economica

La crisi economica peggiorò le condizioni di vita, causando scioperi e agitazioni in varie categorie di lavoratori, inclusi impiegati pubblici, in città e campagne.

02

Influenza della Rivoluzione russa

La Rivoluzione russa del 1917 ispirò la classe operaia italiana, generando il desiderio di emulare il cambiamento russo per migliorare la situazione in Italia.

Q&A

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